INTERVISTA

UN INCONTRO CON DEVAKANT

E IL SUO MAGICO MONDO MUSICALE

 di Kaveesha Serena Paese

In uno splendido angolo del centro di Bologna, il b&b Casa Munay, si è svolto un evento unico organizzato  dall’associazione Crea Spazio: Devakant in concerto. La serata è stata introdotta da una meravigliosa cena indiana e l’atmosfera era perfettamente in sintonia con lo spirito intimo e meditativo che la musica di Devakant rievoca. Compositore, cantante e polistrumentista ci ha trasmesso un mondo di emozioni e suggestioni e ci ha trasportato in uno speciale spazio dell’anima, circondato dai suoi strumenti musicali.  Ha eseguito canti e raga del suo repertorio e  brani del suo ultimo cd ‘Body and Soul’ interamente strumentale e pensato come musica per meditazione, rilassamento e lavoro sull’energia e la guarigione.

Come musicista proveniente da studi classici, mi ha molto incuriosito la sua storia; infatti Devakant ha una iniziale formazione classica, con studi di musica occidentale e composizione presso l’università di Berkeley in California che a un certo punto della sua vita interrompe per un approccio diverso all’arte. Nella sua musica si sente l’eco del canto gregoriano e una conoscenza dei timbri strumentali che provengono da questa base di studi ma che allo stesso tempo si distacca dalla tradizione occidentale per il suo spirito profondo.

Cosa ti ha portato a distaccarti dalla musica occidentale rivolgendoti all’Oriente e alle sue tradizioni?

E’ stata una scelta dettata dal cuore. Studiavo musica ma sentivo che il mio cuore stava diventando secco: l’approccio occidentale è molto mentale, e non sempre dà la possibilità di creare qualcosa di bello. I suoni che ascoltavo non parlavano alla mia anima; per me la musica è un mondo magico e quando suono creo un circolo di energia che scorre tra me e il pubblico. Volevo creare qualcosa di bello che fosse espressione del mio cuore e così ho cercato un approccio diverso; ho iniziato a meditare e le due cose erano strettamente connesse. La musica è come la meditazione, ti porta verso te stesso; facendo questo cammino di musica e meditazione ho iniziato a viaggiare per il mondo e sono arrivato in India dove ho incontrato Osho e ho iniziato a vivere nella sua comune.

Tu sei anche scultore e pittore. Quando hai incontrato l’arte nel tuo percorso?

Quando vivevo a Pune lavoravo come falegname e vivevo a stretto contatto con Osho facendo dei lavori per lo spazio in cui viveva. Lui mi spingeva molto verso l’arte e un giorno mi chiese di utilizzare il marmo invece del legno; così andai a scegliere del marmo in Rajastan e iniziai una scuola molto importante per me! La musica mi dava soddisfazione immediata, se volevo riprodurre un suono potevo farlo subito…posso suonare la musica che sento, ma il marmo no! Con la scultura non puoi pensare al risultato finale ma devi essere sempre nel qui e ora: è stata una grande scuola! Così giorno dopo giorno scolpivo ciò che mi chiedeva Osho…e non potevo certo dire ‘no, non voglio scolpire questo o quello!’. Quando andai a mostrare il mio lavoro ero preoccupato e non sapevo che commento aspettarmi…Osho non disse nulla, solo di continuare il mio lavoro.

 Ci sono legami tra la musica e la scultura?        

Si, per me la musica è come la scultura. È come tutta l’arte. È già lì, in un’altra dimensione: devi solo toglierla fuori. La forma è già presente, aspetta solo che tu la richiami in vita.

I legami tra la musica e la scultura sono sicuramente molto forti: per me la musica è come una scultura nel tempo e le mie statue sono come musica nello spazio.

 Come scegli i tuoi strumenti?

Tutto viene dal cuore. Sento un suono che colpisce il mio cuore e devo assolutamente sapere come fare per poter riprodurre quel suono! Come compositore ho imparato a conoscere tutti gli strumenti utilizzati in orchestra, perché l’unico modo per scrivere per uno strumento è conoscerne le caratteristiche e le possibilità sonore e timbriche. Quando ero in America iniziai ad ascoltare concerti di musiche dal mondo e scoprii strumenti nuovi, non usati nella musica occidentale. Erano insoliti ma il loro suono catturò veramente la mia anima: non potevo fare diversamente! Perciò è il suono, è la voce degli strumenti che uso che mi affascina e che mi ha dato l’entusiasmo nell’avvicinarmi a loro.

(Devakant usa strumenti provenienti dall’India, dal sud America, dalla Cina e molte altre parti del mondo. Durante il suo concerto spiega spesso le caratteristiche e la provenienza dei suoi strumenti: dall’arpa overtone di origine medievale al flauto bansuri, al flauto basso occidentale, al duduk, ai flauti cileni e messicani…per citarne solo alcuni! È un po’ come ripercorrere la sua vita e i suoi influssi musicali che spaziano dal gregoriano alla musica indiana alla musica sciamanica del centro America…e molto ancora.)

Hai suonato in molti luoghi: templi, centri yoga, centri di meditazione, ospedali, musei, festival…Qual è il concerto che ricordi di più o il posto a cui sei più legato?

Quello che mi colpisce di più nei posti in cui suono è senz’altro la natura. Una volta ho suonato in un centro di meditazione in Sicilia e sono rimasto impressionato dalla forza della natura: finito il mio concerto ho alzato lo sguardo e ho visto la lava dell’Etna…il vulcano eruttava mentre io suonavo, durante il mio concerto! Un altro concerto che ricordo è quello nel tempio di Saraswati in India: iniziai a suonare il flauto…e una folata di vento ha seguito il mio suono facendo cadere tutti i mei strumenti! Raccolsi tutti gli strumenti e ricominciai a suonare il flauto…ma ancora il vento seguiva il mio suono scaraventando a terra tutti gli strumenti! Il sincronismo con cui avvenne questo evento colpì tutti, e non potemmo far altro che inchinarci alla potenza della natura.

Il tuo percorso musicale spazia dal gregoriano alla musica indiana alla tradizione sciamanica…c’è un filo conduttore nella tua ricerca musicale o sono stati incontri ‘casuali’?

La tua domanda è molto grande! È come la  vita…niente è un caso, ma è difficile definire un senso…forse lo capiremo dopo…

 

Incontrare Devakant è un’esperienza magica: la sua musica e la sua persona sono avvolti da un’aura di pace, calma e devozione che non possono non ricondurci alla presenza di Osho. Quando mi sono interessata alla sua musica l’attenzione era focalizzata su di lui come artista…ma rispondendo con grazia alle mie domande mi ha riportato a quello che ogni vero artista sa e a quello che è il messaggio di Osho sull’arte. L’artista è il tramite dell’universo che comunica con ognuno di noi e ascoltare la musica di Devakant è stato un po’ come dissolversi nell’oceano della vita. Un particolare grazie va a Kusum e Nirjano dell’associazione Crea Spazio che ha reso possibile tutto questo.

‘Tutta la creatività è profonda sofferenza,

a meno che provenga dalla meditazione  anzichè dalla mente.

Quando proviene dalla meditazione,

creatività è condividere la gioia e l’estasi che ti appartengono(…)

La società occidentale vive una grande afflizione, che è l’ignoranza della meditazione;

di conseguenza, tutto quello che si fa nell’occidente viene dalla mente.

E la mente non è la sorgente della gioia. Può solo creare agonia, e mai estasi.

 La mente è il tuo inferno.

Dunque impara a essere più meditativo,

e lascia che la tua creatività sia secondaria alla tua meditazione.

Così il tuo essere si troverà in uno stato completamente diverso,

quello dell’estasi;

e tutto quello che creerai ne porterà con sé il sapore.’

Osho